Prefazione - Don Antonio Fappani
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LA BARCA


Siviano porto 1930

La barca, su un'isola era oltre che un prezioso strumento di lavoro, l'indispensabile collegamento per la "terra ferma". Fu sicuramente questa vitale esigenza che trasformò alcuni pescatori in esperti maestri d'ascia, è ad essi che la tradizione fa risalire il famoso ideatore del naèt, la mitica e intramontabile barca da pesca.
I piccoli cantieri di Peschiera costruivano naècc, utili, oltre che per la pesca, per il trasporto merci, su tutto il lago.
Dai documenti si legge che nel '700 questi esperti artigiani erano già famosi in tutta la provincia, l'Estimo li indica come gli unici che svolgevano questo lavoro sul lago; si chiamavano Archetti, lo stesso cognome degli artigiani che continuano la tradizione ancora oggi. La forma lunga e affusolata di questa barca che ricorda la gondola veneziana, rivela non del tutto infondata la leggenda di un certo Archetti approdato un giorno a Montisola con disegni rubati dai cantieri veneti, e che ideò una gondola riadattata all'acqua dolce da usarsi sia per lo spostamento, che per la pesca.
Gli studi ancora in corso sui metodi di costruzione rivelano che le tecniche usate, soprattutto nella preparazione dello scheletro e nella tracciatura delle sezioni trasversali, richiamano il metodo usato particolarmente nella laguna veneta dimostrando così che, sul
lago d'Iseo, si sono tramandati alcuni criteri pratici degli architetti navali antichi, dalla tradizione bizantina fino al Rinascimento a Venezia.
La prima fase di costruzione avviene con la preparazione della cinta (ol curdù), cercando di usare un legno già curvo, tagliandolo successivamente a metà e applicandovi poi la carena di prua (ol delfì), di poppa (spècc).

Peschiera 1955

Tenendo conto delle sezioni di riferimento (maestre e quarti), dei dritti di prua e poppa, vengono inchiodate le ordinate. Un naèt è composto da un numero di ordinate (galiurne) che varia da 22 a 28. Finita l'orlatura la barca viene capovolta e messo il fasciame. A lavoro quasi ultimato quando l'interno e già rifinito e calafatato, viene applicato il fondo piatto, costituito da tavole (söi), alcune delle quali mobili, come l'asse del pagliolo, (l'às dèl pér), un accorgimento per motivi di sicurezza, spalare l'acqua mentre uno dei due rematori continua a remare e anche nascondiglio utilizzato dai pescatori per nascondere il pesce pescato di frodo.
Lo scalmo, (galiurnì), è sormontato da una grossa punta di ferro battuto, (la fùrcola), alla quale si appoggia il remo con lo stroppo (ströss).
Il legno usato per la costruzione del naèt è il castagno per l'intelaiatura, il larice per le altre parti. I remi sono di castagno e sono costituiti da due pezzi, il bastone e la pala uniti fra loro da un anello di ferro (éra).
Questa barca ha avuto poche modifiche nel corso dei secoli, la più evidente è stata fatta nel 1958 per l'introduzione del motore e per poter raggiungere un equilibrio stabile a pieno carico, la poppa venne accorciata di 50/60 centimetri, questo modificò la lunghezza tradizionale che era di 7 metri e portò ad una leggera variazione anche la larghezza che si restrinse di qualche centimetro. La larghezza massima di un naèt oggi è di metri 1,47.
Lo stesso metodo di costruzione è impiegato anche per le barche più grandi, naf o barcù, che montavano stabilmente una vela rettangolare alta e stretta, tipica dell'area prealpina e padana la cui origine può essere ipotizzata in età romana.

Barca da trasporto "Genova", 1935

Queste leggendarie barche dal timone laterale, che trasportavano ogni tipo di mercé lungo tutto il lago collegando la pianura alla Valle Camonica, le possiamo vedere oggi solo attraverso queste belle immagini d'epoca che i parenti dei barcaioli hanno gelosamente conservato. Questo scambio commerciale fra nord e sud del lago, fu molto intenso fino al 1907 anno in cui entrò in funzione la linea ferroviaria Brescia-Iseo-Pisogne; fino allora ogni comune lacustre aveva i propri barconi per il trasporto delle merci sul lago. Agli inizi del secolo scorso se ne contavano 16 a Lovere, 15 a Tavernola, 12 a Sarnico, 10 a Pisogne, 8 a Iseo, 4 a Predore, 3 a Vello, 3 a Riva, 3 a Monte Isola, 2 a Marone, 1 a Sulzano, 1 a Clusane. Il tipo medio, con una portata di 300 quintali, aveva una lunghezza di metri 18,50, una larghezza di metri 4,50; la vela aveva una superficie di mq.96, l'albero era alto metri 15. Queste grandi naf, venivano costruite prevalentemente nei cantieri Archetti di Peschiera, e alcune a Predore e Samico.

Il barcaiolo "Tone", Peschiera 1956

Tenendo conto oltre che dei metodi di costruzione, dei tanti particolari come l'ornamento della prua (matutì), lo scalmo (ströss), il timone laterale (timù), i termini linguistici delle varie parti costituiscono l'imbarcazione, si possono collocare il naèt e la naf, cronologicamente nell'alto Medioevo.
Queste vecchie foto, ci mostrano anche un altro tipo di barca indispensabile a Montisola ma in uso anche negli altri paesi sul lago quando mancavano alcune strade di collegamento, la lancia, utilizzata dai barcaioli per il trasporto delle persone. Sempre costruita sul principio del naèt ma con il fondo più largo e una panchina lungo i fianchi per far sedere i passeggeri.

Costruzione del Naèt da parte di Decio nell'omonimo cantiere, Peschiera 1970

La differenza rilevante rispetto al naèt consisteva negli archi (arcù), di legno o ferro, che inseriti nelle ordinate fra la fiancata destra e sinistra, sormontavano la parte centrale della barca, coperti da un telo riparavano dalla pioggia. Quando si percorrevano distanze lunghe anche su questa barca veniva issata la vela.

Piroscafo "Commercio", Siviano 1915

Oggi a Montisola sono ancora in funzione due cantieri nautici, imprese artigianali, hanno sempre il cognome del capostipite Archetti, sono sempre esperti maestri d'ascia e continuano ad usare ancora solo semplici strumenti, martello, scalpello, ascia, pialla; costruiscono bellissime barche di legno, dinghi, gozzi, lancette, dingotti, interamente mano. La produzione dei naècc si limita a qualche esemplare poichè la richiesta dal mondo della pesca mancando i pescatori è ridottissima. Ultimamente si è chiuso il cantiere situato al centro di Peschiera dove l'ultimo calafato Decio Archetti che continuava alla quarta generazione la costruzione di barche da pesca se n'è andato.

Porto di Siviano, anni '20

Era un vero artista nel suo lavoro, orgoglioso della sua tradizione aveva partecipato alla costruzione degli ultimi grandi barcù da trasporto merci che a Montisola rimasero in funzione fino agli anni 60. Ricordava volentieri quei periodi di grande lavoro quando il rumore degli scalpelli dei calafati si sentiva sui monti di Sulzano, "si cominciava all'alba, si finiva la sera, (raccontava) era un mestiere che richiedeva abilità e fatica e saper usare scalpello e mazzuola come un artista con la mano sicura e leggera. Bisogna inserire la stoppa filata con la pece tra le fessure in modo che l'acqua non potesse mai entrare, ora lavoro da solo, ma allora nei grandi barconi eravamo anche in dodici, siccome avevamo sempre sete e ci portavano sempre acqua mentre avremmo voluto qualche volta anche il vino, dicevamo a chi portava acqua: se acqua date a questo scalpello sempre farà acqua questo vascello". Con la scomparsa di questo grande artigiano si è chiuso un importante museo pieno di testimonianze della nostra storia lacustre, rimangono da guardare queste interessanti immagini di un importantissimo lavoro.
Le immagini ci mostrano sulla barca un'altra figura importante del lago, il barcaiolo, mestiere scomparso definitivamente.
Esperti conoscitori del lago, del vento, delle possibilità di approdo, i barcaioli passavano la loro vita sull'acqua viaggiando in ogni stagione con qualsiasi vento.
La professione e la barca erano un'eredità tramandata da padre in figlio.
Vi erano due categorie di barcaioli, quella adibita al trasporto delle merci pesanti, che manovrava le grandi naf; avevano percorsi e merci fisse da trasportare. Erano sempre tre persone a condurre le grandi barche, in genere membri della stessa famiglia, dormivano sulla barca nel ripostiglio dei teli e della vela (il casòt), mangiavano a terra durante la sosta fra carico e scarico. Questi barconi sempre esageramene carichi che viaggiavano sempre a gonfie vele a volte dovevano sostare ore e ore per aspettare il vento giusto.

Giosué arriva a Siviano da Iseo, anni '30

L'altra categoria di barcaioli quella in cui erano specializzati a Montisola, trasportava persone e merci leggere. Avevano barche più piccole le loro direzioni erano i collegamenti Peschiera-Sulzano, Carzano-Sale Marasino, Sensole-Iseo e il Porto di Siviano-Iseo.

Giosué

Le immagini mostrano le leggendarie figure di questi barcaioli montisolani, sempre sicuri nel loro lavoro, silenziosi con lo sguardo sempre fisso sull'acqua, barometri sicuri del lago. "Il mio barcaiolo è uno di quei saggi che lavorano in pace dalle prime luci dell'alba al tramonto coltivando il silenzio pur urgenti che siano le commissioni, non s'affanna mai a correre veloce, l'ala dei suoi remi non è mai folle, bensì di un ritmo calmo e costante. È come inchiodato alla sua barca tra il lieve monotono grillettar delle onde contro gli scogli piccolo secco e curvo come spezzato in due dai settant'anni e più di quotidiane remate." Così lo scrittore Arturo Marpicati descrive il barcaiolo Giosuè che trasportava persone e carichi leggeri dal Porto di Siviano a Iseo.
Erano tutti personaggi caratteristici che si trovavano a proprio agio solo sull'acqua. Era un mestiere non esclusivamente maschile, il trasporto delle persone veniva svolto anche da Barcaiole, le ultime a solcare le acque nelle tratte di collegamento di Montisola, furono, Cecca, Agnese, Adelaide, continuarono questo lavoro fino all'introduzione dei battelli traghetto, esse avevano iniziato la loro professione sulle barche a remi, poi continuato con il motore. E anche questa epopea lacustre oggi rivive in queste immagini documento.

Giosué e la sua barca

 

Di Rosarita Colosio

Primo cantiere Archetti, Peschiera 1954

Cantiere Archetti, Peschiera 1954

Archetti Lino, maestro d'ascia, 1999

Barcone "Lovere", anni '30

Sensole, 1930

Francesco il postino, Peschiera, 1940

Loc. Spì, 1922

Peschiera, 1950

Motonave "Città di Brescia" a Peschiera, 2000

Piena a Peschiera, 2001

Panorami di Montisola che hanno stimolato artisti di ogni genere
Barcone "Genova", Sensole, 1935
Barcone "Ceriola", 1954, di proprietà di "Bereta"
Porto di Siviano, 1950
Carzano, anni '30
Peschiera 1905
Sensole 1910
Arrivo della prima ambulanza, Peschiera 1970
Prima Santa Messa di Don Giulio Turla, Peschiera 1947
Posa del cavo elettrico Sulzano-Peschiera, 1923
Piroscafo città di Bergamo, 1913
 
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