Prefazione - Don Antonio Fappani
La Pesca
La Rete
La Barca
Agricolutra e Pastorizia
Gli Emigranti
Madonna della Ceriola
Festa Santa Croce
Rocca Martinengo
Isola di San Paolo
Isola di Loreto

 

 
 
GLI EMIGRANTI - Minatori di Lago


Grandi barconi carichi di persone, fino alla metà del 900, ogni mattina, spinti dal vento o aiutati dai lunghi remi, partivano dal Porto di Siviano, si dirigevano verso Tavernola, Riva di Solto, Lovere, Pisogne. Erano i minatori di Montisola che si recavano al lavoro. Erano quasi tutti di Siviano i grandi naèc che navigavano in ogni stagione, in tutte le situazioni atmosferiche, portavano i figli e i nipoti dei costruttori delle gallerie della litoranea asburgica, della ferrovia Brescia-Edolo a scavare ancora nelle tante gallerie e cave i della litoranea sebina. II "carico" era in maggior parte di persone giovani che iniziava qui sul lago il duro lavoro di minatore, che avrebbe svolto poi per tutta la vita lontano da casa in situazioni disagiate e pericolose e che nella maggior parte dei casi per quella sottile polvere che si fermava sui polmoni, non avrebbe raggiunto la vecchiaia.
Sui barconi non c'erano solo uomini ma bambini di 9 o 10 anni, il loro compito era quello di girare il cantiere con secchi d'acqua, portavano da bere agli scavatori, che avevano a disposizione solo il piccone, oppure correvano a versarla dove serviva ad attenuare leggermente un pò di polvere, alcuni avevano il compito di portare gli strumenti a chi preparava le mine, in modo che il lavoratore non si spostasse mai dal suo posto, non interrompesse mai il lavoro, venivano pagati con piccole mance settimanali.
I giovani "apprendisti" invece, essendo i più svelti e agili "davano fuoco alle mine" nei posti più pericolosi perché correvano più velocemente fuori dalla galleria dopo aver acceso la miccia. Racconta un'anziana che aveva il padre e il marito minatori, mentre guarda alcune immagini, "Quando mia madre sentiva lo scoppio delle mine di Tavernola la grande cava della Cementifera Sebina per la produzione di calce e cemento, che in quegli anni si stava sviluppando velocemente era sempre preoccupata perché sapeva che rischio correva mio padre in quelle cave. Un giorno tomò a casa molto spaventato, mentre era appeso ad una parete legato con le corde a preparare con lo scalpello i fori per inserire l'esplosivo, scoppiò una mina molto vicino che lo fece staccare dalla parete, tutti pensavano fosse morto mentre invece si era fatto solo qualche graffio, l'aveva salvato la Madonna della Ceriola. Il giorno dopo andò subito da un pittore a Iseo e si fece fare un ex voto e lo portò al Santuario, era il 1940" e aggiunge con un profondo sospiro, guardando la sponda Bergamasca, "la Madonna ne ha salvato tanti in quelle cave!" Poi i ricordi arrivano inarrestabili. "Anche mio marito aveva cominciato a Tavernola quel mestiere, poi andò a Genova, che brutta vita facevano, sempre nelle baracche, lontano da casa. Sempre disposti a fare i mestieri più pericolosi per guadagnare qualcosa di più."
Dal lago la maggior parte degli scavatori nel dopoguerra era andata a lavorare a Genova, c'erano rifugi e tunnel da scavare e tutto da ricostruire. Alcuni si portarono anche la famiglia, altri vivevano nelle baracche dei cantieri, erano quasi tutti nella stessa ditta, insieme avevano costituito sul mare la loro piccola isola lacustre. Il contatto con le famiglie si svolgeva per lettera, quando qualcuno tornava da casa portava notizie, lettere, alimenti nostrani e tutti ritrovavano una parte della "loro isola".
Bastano poche immagini per risvegliare tante storie interessanti di sopravvivenza dei minatori di lago, eroi silenziosi, protagonisti di una storia piena di solidarietà e socialità distante da noi solo due generazioni, che ha lasciato tante testimonianze materiali ma pochissimi protagonisti a raccontarla e per questo ancora più importante da conoscere per capire il proprio territorio in profondità.

Di Rosarita Colosio

Foto gruppo di minatori emigrati, 1922

Emigranti in Svizzera, 1959

Emigranti in Piemonte, 1958

Emigranti in Iran, 1914

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